Se è vero che il calcio è un ciclo continuo e inevitabile, che si rinnova di anno in anno, di lustro in lustro, di decennio in decennio, è anche vero che, pur potendo ammirare le giocate di tanti talenti emergenti, non possiamo che emozionarci quando un grande decide di appendere gli scarpini al chiodo. In questo senso, negli ultimi tempi, il cuore di tanti appassionati di questo sport si è spezzato più di una volta, nel salutare alcuni grandi campioni che hanno scritto diverse splendide pagine del calcio moderno: si pensi a Francesco Totti, solo alcuni mesi fa, che ha portato alle lacrime l’intero Stadio Olimpico di Roma. Ma, da poche ore, un altro mito ha deciso di lasciare: si tratta di Kakà, uno dei più grandi giocatori brasiliani dell’ultimo ventennio.
Nato come Ricardo Izecson dos Santos Leite, ben presto Kakà è riuscito a far conoscere il proprio soprannome in ogni angolo del globo. Fattosi le ossa in madrepatria, al San Paolo, dove emerge come uno dei maggiori talenti del territorio sudamericano, nell’estate del 2003 passa al Milan, su suggerimento di Leonardo, per poco più di 8 milioni di euro. Col senno di poi, un affare d’oro.
Al Milan, infatti, Kakà viene inserito nell’ambiente ideale per consacrare un talento a dir poco immenso, tanto che, nel giro di pochi mesi, è già uno dei beniamini del San Siro. Entrato nella cerchia dei titolarissimi, si erge come uno dei giocatori più forti della Serie A, e la stagione 2006/2007 è di gran lunga la migliore di tutta la sua carriera: vince una Champions League da protagonista, e a fine anno gli viene assegnato il Pallone d’Oro.
È l’acuto migliore di un giocatore che, nel 2002, appena ventenne, ha sollevato sul campo anche una coppa del mondo, pur se da semplice riserva. Passato al Real Madrid nell’estate del 2009, al termine di una estenuante trattativa di mercato, in Spagna il suo rendimento cala notevolmente, anche a causa di un fisiologico declino atletico.
Il resto è storia più o meno nota: i poco incisivi ritorni, in prestito, al Milan e al San Paolo, poi la chiusura della carriera in MLS, nell’Orlando City. Uno dei giocatori più iconici e più vincenti dell’era moderna.